Editoriale Aprile 2015 – Relazione triennale delle attività svolte

Cari Amici, all’interno trovate la relazione triennale delle attività svolte. E’ una relazione… pericolosa! E’ pericolosa perché in essa si nominano coloro che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione dei diversi eventi, e, lo sappiamo, il rischio è quello di dimenticare qualcuno (no di certo intenzionalmente) ma le scuse, se ciò fosse accaduto, sono doverose.

Leggete la relazione: è il nostro cammino su una strada impervia, un percorso realizzato insieme con un pesante bagaglio sulle spalle.

In tutto questo “fare” rimane un cruccio, una falla della quale mi assumo la responsabilità: non aver individuato una percorribile strada per poter ampliare quella cerchia di persone in grado di portare il loro contributo in seno al Consiglio Direttivo e Consiglio D. Allargato.

Un “cambio generazionale” è opportuno per evitare un appiattimento negli obiettivi e un privarsi di nuovi stimoli per crescere ulteriormente.

Il nostro cercare non ha sortito i risultati sperati e sarà il nuovo CD a fare in modo che questo possa essere uno dei primi obiettivi del nuovo triennio, augurandoci che si comprenda che siamo tutti capaci di allungare una mano, di fare un sorriso e di farci guidare ascoltando e lavorando di fantasia.

Da parte mia non posso che ringraziare tutti voi per la pazienza che avete dimostrato nei miei confronti, perdonando i miei limiti, esaltando i miei pregi.

Auguro a tutti un nuovo triennio ancora più “formidabile” di quello trascorso.
Un fraterno abbraccio a ciascuno di voi

Il Presidente

Malattie neurologiche: Sin,prevenzione con corretta alimentazione.

L’importanza della nutrizione nel proteggere il cervello dall’insorgere precoce dei disturbi cognitivi e delle demenze. Questo il tema centrale della V edizione della ‘Settimana mondiale del cervello’, che si svolgera’ dal 16 al 22 marzo e la cui tematica e’ legata a quella dell’Expo di Milano (‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’). L’iniziativa e’ stata presentata questa mattina al Circolo della Stampa di Milano. Nei corso dei loro interventi diversi esperti hanno mostrato la correlazione che c’e’ tra alcuni cibi e il contrasto a malattie come il Parkinson, la sclerosi multipla, l’Alzheimer e l’ictus. In occasione della ‘Settimana mondiale del cervello’, la Societa’ italiana di neurologia prevede l’organizzazione di incontri divulgativi, convegni scientifici, attivita’ per gli studenti delle scuole e l’iniziativa ‘Neurologia a porte aperte’, che prevede visite guidate dei reparti e dei laboratori ospedalieri.Il presidente della Societa’ italiana di neurologia, Aldo Quattrone, ha sottolineato che “il ruolo della prevenzione e’ cruciale nel caso delle malattie neurodegenerative” e “in ambito neurologico la prevenzione passa in primo luogo attraverso un corretto nutrimento del cervello, da intendersi tanto in senso stretto come accorta e sana alimentazione, quanto in senso piu’ ampio come esercizio fisico e allenamento intellettuale”. Quattrone ha poi aggiunto che esistono numerose ragioni per ritenere importante l’uso di una dieta prevalentemente vegetariana, a basso contenuto proteico, nel Parkinson. La ragione principale e’ quella di facilitare l’assorbimento della levodopa (il farmaco piu’ importante utilizzato per la cura della malattia).
I cibi vegetali, inoltre, garantiscono un ricco apporto di fibre e l’elevato contenuto di carboidrati contrasta la perdita di peso che spesso affligge i malati di Parkinson. Nel suo intervento il direttore scientifico del Centro di Neuroscienze di Milano, Carlo Ferrarese, ha sottolineato che l’Alzheimer e’ “la causa piu’ comune di demenza, colpisce piu’ di 700mila italiani”. E un’alimentazione povera di colesterolo e ricca di fibre, vitamine e antiossidanti (presenti in frutta e verdura) e di grassi insaturi contenuti nell’olio di oliva “riducono l’incidenza dell’Alzheimer”. Invece alcune carenze vitaminiche, in particolare folati e vitamina B12, possono facilitare l’insorgenza di demenza. Anche un moderato consumo di caffe’ e di vino rosso sembrerebbero avere un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo della demenza. Oltre a una dieta sana, un’ulteriore meccanismo di protezione e’ il sonno che facilita la rimozione di proteine tossiche dal cervello, riducendo l’accumulo di beta-amiloide.Da parte sua il direttore della Clinica neurologica dell’Universita’ di Genova, Luigi Mancardi, ha spiegato come una dieta ricca di grassi insaturi sia in grado di modulare e diminuire l’attivita’ infiammatoria legata alla sclerosi multipla. Uno dei meccanismi causali della sclerosi multipla e’ il danno ossidativo e, dunque, appare fondamentale prediligere una dieta ricca di alimenti con proprieta’ antiossidanti, contenenti vitamina A, E, C e acido lipoico. Per quanto riguarda le patologie cerebrovascolari, invece, il direttore del reparto di Neurologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova, Bruno Giometto, ha detto che un’alimentazione ispirata alla dieta mediterranea e con un basso contenuto di sodio e’ un elemento cardine della prevenzione primaria dell’ictus. Se da un lato vi sono alimenti da consumare moderatamente come sodio, alcol e grassi saturi, perche’ associati a un maggiore rischio vascolare; dall’altro per altri nutrienti e’ stato riscontrato un effetto ‘protettivo’ di contrasto all’ictus cerebrale come nel caso di Omega-3, fibre, vitamina B6 e B12, calcio e potassio. Poi il direttore di Clinica neurologia del Policlinico dell’Universita’ di Catania, Mario Zappia, ha illustrato come la carenza di determinati macro e micronutrienti, tra cui soprattutto vitamine del gruppo B e proteine, puo’ provocare danni alle strutture nervose. Ad esempio un regime alimentare vegetariano (seguito da quasi 4 milioni di italiani) se da un lato si e’ dimostrato in grado di prevenire patologie cardiovascolari e diabete, dall’altro rischia, soprattutto nella sua declinazione vegana (400mila persone in tutta Italia), di determinare serie carenze di alcuni nutrienti essenziali, come oligoelementi e vitamine. E la carenza di vitamina B12 determina un aumento dei livelli plasmatici di omocisteina, sostanza associata sia all’incremento del rischio di demenza e di malattie celebro-vascolari. Infine il direttore del dipartimento Assistenziale di medicina polispecialistica II dell’Universita’ di Napoli, Gioacchino Tedeschi, ha parlato dei fattori ambientali di tipo cognitivo, sociale e affettivo intesi come “fattori nutritivi del cervello” durante il corso dell’intera vita. Infatti appare evidente come la cosiddetta “riserva cognitiva”, che dipende da istruzione, rapporti sociali e attivita’ lavorative, sia funzionale a mantenere il cervello attivo e a controbilanciare, nel caso delle neurodegenerazioni, la perdita progressiva dei neuroni.

 

Fonte: AGI, 11 marzo 2015

Meno donne con il Parkinson, ma più gravi

Sono più numerosi gli uomini, ad essere colpiti dalla malattia di Parkinson, ma i movimenti involontari tipici di questa patologia degenerativa sono tre volte più frequenti nelle donne, così come, per queste ultime, sono più gravi le ricadute sociali. Lo scopriamo in questa approfondita scheda, che prende spunto da un recente convegno tenutosi a Milano, positivo segnale – finalmente! – di una maggiore attenzione alle differenze di genere nel manifestarsi delle varie malattie.

La malattia di Parkinson colpisce uomini e donne in maniera diversa: gli uomini, infatti, sono più numerosi del 50%, mentre è tre volte più frequente tra le donne la comparsa di quei movimenti involontari che costituiscono gli effetti indesiderati del farmaco più usato per tenere sotto controllo i sintomi tipici della malattia, la Levodopa.
Rispetto poi alla progressione della malattia, anche qui ci sono importanti differenze: nei maschi, infatti, a farne le spese sono soprattutto le capacità di comprensione e di ragionamento, mentre nel genere femminile sono più frequenti ansia e depressione. Per le donne, inoltre, sono più gravi le ricadute sociali: oltre infatti alla compromissione della propria capacità lavorativa, esse perdono anche il ruolo all’interno della famiglia.

Proprio alla malattia di Parkinson e alle parità tra uomo e donna nella buona salute e nella cura, l’Istituto Neurologico Besta di Milano e la Regione Lombardia hanno dedicato il 5 marzo il convegno intitolato Tutta cuore e cervello – Parkinson: le donne non tremano.
Si è trattato del sesto appuntamento di un ciclo di incontri che vede l’Istituto Besta – tramite il CUG (Comitato Unico di Garanzia) per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio – promuovere azioni formative sulla medicina di genere, organizzando ogni anno un evento su una patologia neurologica in cui vengono affrontati sia gli aspetti medico-scientifici che quelli sociali.
Spiega Barbara Garavaglia, responsabile del CUG e direttore dell’Unità di Neurogenetica Molecolare dell’Istituto Besta: «La maggiore frequenza degli effetti collaterali dei farmaci è una conseguenza del limitato numero di donne coinvolte nella sperimentazione clinica delle nuove terapie, che porta a non conoscere tutte le conseguenze dell’uso dei farmaci in entrambi i sessi. Le terapie agiscono in maniera diversa sulle donne perché hanno un peso corporeo inferiore e quindi nel loro organismo i princìpi attivi sono più concentrati e hanno di conseguenza effetti superiori, talvolta indesiderati».

A sottolineare quanto sia attuale il problema, è la presidente di Parkinson Italia, Lucilla Bossi, intervenuta al Convegno con una sua relazione, che ha raccontato un fatto particolare, accaduto proprio durante quello stesso convegno: «Si è trattato di un evento ben fatto e molto utile, in un Paese, il nostro, in cui il tema del genere è ancora poco sentito e ancora estraneo alla nostra cultura. Basti pensare che uno dei relatori, guarda caso di sesso maschile, ha presentato e commentato una serie di diapositive – sforando anche sui tempi – nella quale il tema del “genere” non era neanche lontanamente trattato. Io questa la chiamo mancanza di rispetto per il pubblico in generale e per i pazienti in particolare. Mancanza di rispetto e maleducazione. E credo di essere arrivata al limite della sopportazione, come paziente, come presidente e come persona».

Le differenze della malattia tra i generi
Le donne, dunque, si ammalano di Parkinson in misura inferiore rispetto agli uomini, anche se con problematiche più gravi. Vi è differenza, inoltre, nell’età in cui compare la malattia: nel genere femminile vi è un esordio ritardato in media di circa due anni, con un’età media di 66 anni per gli uomini a fronte di 68 anni per le donne.
La maggiore resistenza del genere femminile è dovuta alla funzione protettiva che gli ormoni femminili, gli estrogeni, esercitano contro l’insorgenza e la progressione della malattia. Questi ormoni, infatti, prevengono la distruzione dei neuroni che producono la dopamina, sostanza che presiede al controllo dei movimenti del corpo. Queste cellule sono il principale bersaglio delle neurotossine che causano la malattia di Parkinson. Si stima che una maggiore esposizione agli estrogeni – sia naturali, sia dovuti alle terapie ormonali – riduca il rischio di Parkinson di circa il 43%.
Inoltre, la stimolazione cerebrale profonda (DBS, cioè l’impianto – direttamente nel cervello – di piccoli elettrodi, con la riduzione di alcuni sintomi e un miglioramento delle capacità nelle azioni quotidiane) ha una maggiore efficacia sulle donne.

Parkinson: origine e caratteristiche
Anche se non è stata ancora accertata scientificamente la causa, si pensa che il Parkinson sia una patologia che deriva da fattori sia ambientali (stili di vita, inquinamento, alimentazione, infezioni ecc.), sia genetici. Si è recentemente osservato, infatti, che il 10-20% dei pazienti ha più di un caso nella propria famiglia e che quindi vi è un coinvolgimento di fattori ereditari nell’insorgere della malattia.
In Francia, per altro, già da due anni il Parkinson è riconosciuto come malattia professionale degli agricoltori, notoriamente più esposti degli altri ai pesticidi.

Trial clinici
I farmaci vengono sperimentati prevalentemente sugli uomini e per tale ragione non sempre sono adatti alle donne. La scelta di non arruolare le donne è stata presa in passato per ragioni etiche, per timore di una gravidanza durante la sperimentazione. Un caso eclatante sono stati gli oltre 12.000 bambini nati focomelici all’inizio degli Anni Sessanta, a causa del talidomide, un farmaco antiemetico usato anche nelle donne in gravidanza.
Vi sono però anche ragioni economiche, in quanto le donne non sono una categoria omogenea – in considerazione della variabilità ormonale che caratterizza la loro vita – e questa variabilità aumenta il numero dei campioni e prolunga la ricerca aumentandone i costi.
La mancanza di una sperimentazione clinica sufficientemente approfondita nelle donne porta al fatto che il numero delle reazioni avverse ai farmaci nella fascia di età 35-44 anni è quasi doppio nel genere femminile.

Alcuni casi di “dispari” sperimentazioni
Tra gli Anni Settanta e Ottanta, per proteggere la donna e il nascituro, la Food and Drug Administration statunitense ha escluso le donne dagli studi clinici di fase III [la fase più avanzata di una sperimentazione, N.d.R.], tra cui una sperimentazione sugli effetti dell’aspirina sulle malattie cardiovascolari in cui furono arruolati 22.071 uomini e nessuna donna (Final Report on the Aspirin Component of the Ongoing Physicians’ Health Study, in «The New England Journal of Medicine», 1989, 321:129-135).

Anche nel Multiple Risk Factor Intervention Trial(MRFIT), condotto tra il 1973 e il 1982 per valutare le correlazioni tra pressione arteriosa, fumo, colesterolo e malattie coronariche, non fu coinvolta nessuna donna a fronte di 12.866 uomini.
E ancora, nel Longitudinal Study sull’invecchiamento del National Institute on Aging di Baltimore (1958-1975) le donne erano escluse, nonostante costituissero i due terzi della popolazione con più di 65 anni.
Infine, il primo studio (1984) sul ruolo degli estrogeni come possibile trattamento nella prevenzione delle malattie cardiache fu condotto esclusivamente su uomini, con gravi conseguenze in termini di tumori e femminilizzazione.

Le differenze tra uomo e donna
L’organismo maschile e quello femminile rispondono in maniera diversa ai farmaci a causa delle diversità fisiologiche e anatomiche: le donne hanno un minore peso corporeo, una maggiore massa grassa e in generale hanno più difficoltà nell’assorbimento gastrico dei farmaci.
Spesso, poi, i sintomi di una malattia possono essere diversi tra uomo e donna. Un esempio tipico è quello dell’infarto del miocardio che nella donna non si presenta quasi mai con il “classico” dolore toracico che i testi medici riportano, ma con disturbi simil-influenzali: astenia profonda, nausea, a volte vomito, sudorazione profusa e un dolore più frequentemente dorsale, irradiato alle braccia e al collo. Ma queste differenze non sono così note e quindi l’infarto nella donna non viene subito riconosciuto, anche se uno studio condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che tra il 1979 e il 2000 la mortalità delle donne per patologie cardiovascolari ha superato quella degli uomini.

 

Fonte: curato in origine dall’Ufficio Stampa dell’Istituto Neurologico Besta di Milano, in seguito accuratamente revisionato e in parte modificato da Parkinson Italia (Confederazione Associazioni Italiane Parkinson e Parkinsonismi), 10 marzo 2015

BiblioparkO

Inaugurata martedì 10 marzo la biblioteca di BiblioparkO, unica in Italia,  alla presenza della delegata della Municipalità di Mestre e Carpendo alle politiche sociali Dott.ssa Carla Puppini e del Vice Presidente di Parkinson Italia, Antonino Marra.

La biblioteca che raccoglie testi scritti da persone con la malattia di Parkinson o da parenti. I testi sono raccolti presso il Centro Don Vecchi di Mestre e saranno resi disponibili a chi volesse prenderli in prestito per un mese, ogni secondo martedì del mese, alla presenza di Gabriele volontario della nostra Associazione.

Da ricerche fatte si è giunti alla conclusione che l’utilizzo dei farmaci per i sintomi della malattia di Parkinson porta ad un aumento della creatività specialmente quella legata alla scrittura, ma non solo pittura, scultura, creatività varie. La nostra Associazione ha quindi pensato di raccogliere i testi di quanti hanno pubblicato o solo raccolto senza pubblicare le proprie emozioni e riflessioni. L’invito è stato mandato in tutta Italia e tantissimi hanno raccolto e apprezzato la nostra iniziativa mandando spontaneamente il libro.

L’inaugurazione ha permesso di sentire la lettura fatta da Gabriele e Manuela di parti di testi che hanno fatto chiaramente capire che non si parla solo della malattia ma in certi casi si ironizza sulla stessa o si raccontano esperienze di vita fatte con la malattia.

Taglio del nastro e buffet hanno chiuso questa inaugurazione che speriamo possa essere l’inizio di un percorso che ci vedrà ogni secondo martedì del mese presenti per leggere parti di testi, per proiezioni di viaggi, e quant’altro possa permetterci di capire che chi ha la Malattia di Parkinson ha comunque voglia di condividere percorsi di vita e di raccontarsi.

A breve in questo sito apriremo una sezione dove sarà possibile trovare l’elenco dei testi fino ad ora pervenuti con una breve descrizione del libro  e presentazione dell’autore.

L’interruttore che ‘spegne’ le malattie neurodegenerative

Scoperto un nuovo ‘interruttore’ molecolare che potrebbe ‘spegnere’ i sintomi di molte malattie neurodegenerative, come il Parkinson e la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla): è quanto sembrano suggerire i primi esperimenti condotti sugli animali dai ricercatori dell’Università di Trento coordinati dalla biologa Maria Pennuto.
I risultati, pubblicati sulla rivista Neuron, sono stati presentati a Riva del Garda in occasione del convegno annuale dei ricercatori Telethon.
STUDIO SULLA MALATTIA DI KENNEDY. La scoperta è nata dallo studio di una rara malattia genetica che colpisce solo gli uomini, l’atrofia muscolare spinale bulbare (nota anche come malattia di Kennedy): causata da una mutazione sul cromosoma X, si manifesta nell’età adulta con atrofia ai muscoli degli arti inferiori e della faccia.
«La malattia», ha spiegato Pennuto, «è provocata da un’alterazione del recettore per gli ormoni androgeni, una proteina che non si trova solo nei testicoli ma anche nei neuroni che comandano il movimento e nei muscoli».
MECCANISMO SIMILE AD ALTRE MALATTIE. I ricercatori Telethon sono riusciti a scovare il punto esatto in cui avviene la modificazione chimica che induce il recettore a funzionare troppo causando l’atrofia: «Un sito simile si trova anche in altre proteine associate a malattie neurodegenerative come il Parkinson, la Sla, la malattia di Huntington e l’atassia spinocerebellare di tipo 1 (Sca1)», ha precisato Maria Pennuto. «Per questo pensiamo che si tratti di un meccanismo importante nell’insorgenza delle malattie neurodegenerative. Nei nostri primi esperimenti sul moscerino della frutta abbiamo dimostrato che lo ‘spegnimento’ di questo interruttore è in grado di attenuare i sintomi della malattia di Kennedy. Se altre ricerche confermeranno la nostra intuizione anche nelle altre malattie potremo puntare a sviluppare nuovi farmaci molecolari».

 

Fonte: Lettera43, 09 marzo 2015

 

Trasporti – Forse non tutti sanno che…..

La Provincia di Venezia (servizio trasporti) rilascia una tessera di riconoscimento per agevolazioni tariffarie sui mezzi di trasporto pubblico locale ai sensi della LR 19/1996 e successive modifiche; per fare ciò ci si avvale degli uffici ACTV presso i quali deve essere inoltrata la richiesta, il cui modello di domanda si può ritirare negli uffici stessi.

Ne hanno diritto gli invalidi civili con una invalidità riconosciuta con un minimo del 67% o in condizioni particolari (es: invalido sul lavoro, di guerra).

Allegando alla domanda una fotografia formato tessera, la fotocopia della carta d’identità e la fotocopia del certificato di invalidità si potrà ottenere l’abilitazione della tessera ACTV con € 10,00 e successivo abbonamento mensile a tariffa ridotta.

Una volta inoltrata la richiesta presso gli uffici ACTV il termine del procedimento si chiuderà nell’arco di 7 gg. con il rilascio della tessera avente una validità decennale.

Per ulteriori informazioni si rimanda a Provincia di Venezia Ufficio Trasporti tel. 0412501984 – trasporti@provincia.venezia.it

Editoriale Marzo 2015 – Lavori in cantiere

I numerosi amici che compongono il Direttivo Allargato della nostra Associazione stanno alla clemente lavorando per dare vita ad alcune idee che, piano piano, sono maturate ed hanno preso forma al punto che ora fanno parte a tutti gli effetti del nostro “patrimonio associativo”. Ed è così che al Coro, diretto dal M° Randon Adriano; al Gr.A.T.A.ParkO, Gruppo Amatori Teatro Associati Parkinsoniani, Diretto da Linda Bobbo, ora si affianca “BiblioparkO” (vedi pg 5). Ma sebbene lusingati ed orgogliosi per questi ulteriori passi in avanti, giudichiamo più importante un’altra notizia che nei giorni scorsi ha visto come protagonisti alcuni Amici.

Il vostro Presidente ha accolto la richiesta per un incontro con due persone per uno scambio di opinioni sul significato di vivere con la MdP, oggi.

I due colloqui, sollecitati da medici che hanno in cura Luca e Maria (chiamiamoli così) hanno consentito anche al vostro Presidente una riflessione aggiornata su come si possa convivere con la cronicità che mina quotidianamente ogni gesto, anche il più semplice. Forse Luca e Maria si attendevano risposte esaustive ai dubbi espressi, o più probabilmente soluzioni con le quali sconfiggere il Male, invece… nessuna bugia ma solo la sicurezza che si ricava dal potersi incontrare e confrontare tra Amici in una articolata e fantasiosa Associazione. Dove prevale la consapevolezza che insieme “si può fare”…

Parkinson e Alzheimer, la nostra pelle ce li svela

Un test che potrebbe rappresentare una svolta nella diagnosi delle malattie neurodegenerative. Le cellule della pelle sembrerebbero custodire il segreto di Parkison e Alzheimer. Attraverso un’analisi dell’epitelio è infatti possibile evidenziare se la persona è affetta dalla patologia. A mettere a punto l’esame sono stati i ricercatori messicani della University of San Luis Potosi. I risultati definitivi verranno presentati in occasione del prossimo convegno dell’American Academy of Neurology che si svolgerà in aprile a Washington.

DIAGNOSI NON SEMPRE CERTE
«Ad oggi -spiega Rodriguez-Leyva, uno degli autori dello studio- la conferma della presenza della malattia avviene attraverso una biopsia post-mortem del tessuto cerebrale. Ecco perchè il rischio di una diagnosi errata e confusa con altra demenza non è così remota». Uno dei segni incontrovertibili della presenza di Parkinson e Alzheimer è l’accumulo di proteine tossiche a livello cerebrale. Una quantità facilmente rilevabile attraverso la biopsia ma effettuare l’analisi è impossibile quando la persona è in vita.

PELLE E CERVELLO: STESSA ORIGINE
Partendo da questo presupposto il gruppo di ricerca messicano si è messo al lavoro nel tentativo di individuare un modo indiretto per rilevare l’accumulo delle proteine. La scelta è ricaduta sull’analisi delle cellule della pelle in quanto hanno origine, a livello dello sviluppo embrionale, dallo stesso “materiale” che poi andrà a comporre il sistema nervoso. Origine comune che potrebbe essere sfruttata per la diagnosi precoce.

PROTEINE ANOMALE ANCHE NELLA PELLE
Nello studio i ricercatori hanno analizzato biopsie cutanee da 20 persone con malattia di Alzheimer, 16 con malattia di Parkinson e 17 affette da demenza causata da altre condizioni. I reperti sono stati confrontati con quelli di 12 persone sane della stessa fascia di età. Il test prevedeva la ricerca e la quantificazione delle proteine associate a Parkinson e Alzheimer. Dalle analisi è emerso che in presenza del morbo i valori della proteina «tau» erano sette volte superiori rispetto agli individui sani e quelli affetti da demenza di altra origine. Non solo, in caso di Parkinson è stato riscontrato un livello di proteina alfa-sinucleina otto volte superiore.

TEST PER LA DIAGNOSI PRECOCE
«Anche se i risultati saranno da confermare in un più ampio numero di persone le prospettive aperte della nostra ricerca sono entusiasmanti. Potenzialmente, attraverso una semplice biopsia cutanea, potremo scoprire molto sulle malattie neurodegenerative» conclude Rodriguez-Leyva. Un test che se fosse convalidato potrebbe rappresentare la svolta nella diagnosi precoce di queste malattie.

 

Fonte: La Stampa, 25-02-2015

Il primo Ospedale di medicina alternativa

In Toscana è nato il primo ospedale di medicina alternativa. La Regione Toscana ha infatti stanziato nei mesi scorsi 100.000 euro per la realizzazione del primo ospedale di medicina integrata.
A questo scopo è stato scelto l’Ospedale Petruccioli di Pitigliano, in provincia di Grosseto, dove è possibile curarsi con agopuntura,fitoterapiaomeopatia e medicina tradizionale cinese accanto alla medicina classica. In questo modo, come ha dichiarato Fabio Roggiolani, Presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale “finisce una guerra tra la medicina classica e le medicine complementari, che ha causato vittime solo tra i pazienti”.

L’Ospedale sta quindi subendo una graduale trasformazione con l’inserimento di assistenti ospedalieri esperti nelle medicine complementari. I cittadini hanno la possibilità di scegliere, sia in corsia che nei servizi ambulatoriali, tra la medicina tradizionale e quella alternativa. Inoltre tutti potranno raccogliere le evidenze scientifiche di efficacia terapeutica delle medicine complementari e delle discipline bionaturali consultando i testi della biblioteca-Internet.

Sin dall’inizio Roggiolani ha espresso la convinzione che la struttura sarebbe risultata attrattiva per pazienti di tutta Italia e che la nascita del nuovo ospedale di medicina integrata avrebbe portato anche una rete sul territorio, con l’utilizzo dei centri termali di Sorano e Saturnia e con l’avvio del primo Master di Medicina Integrata all’Università di Siena, che è iniziato lo scorso gennaio, per dare una formazione teorico-pratica a laureati in medicina, farmacia, veterinaria e odontoiatria.

E molti infatti sono stati i consensi per l’integrazione della medicina alternativa a quella tradizionale: la Toscana ha saputo unire Università e ospedale per ricondurre omeopatia, fitoterapia, agopuntura nel posto che devono occupare nella medicina.

Ospedali e cliniche universitarie che erogano prestazioni di medicina complementare a fianco della medicina classica sono presenti in tutto il mondo, in oriente e in occidente. Lo scopo di Pitigliano, peraltro, è proprio quello di avviare sperimentazioni utili a misurare l’efficacia di queste medicine in termini di miglioramento della qualità della vita e di miglioramento della salute dei cittadini, particolarmente di quelli affetti da malattie croniche, cosiddette proprio perché inguaribili con la sola medicina convenzionale. Agopuntura, omeopatia e fitoterapia sono state riconosciute medicine complementari sulla scorta delle definizioni date dalla stessa comunità scientifica.

Terapia a scelta. Nel centro l’omeopatia ed agopuntura vengono praticate insieme alla medicina tradizionale, sia in ambulatorio che per i pazienti ricoverati. Questi ultimi, in accordo con i medici ospedalieri che li hanno in carico, possono decidere se seguire solo la terapia tradizionale o integrarla con le medicine complementari, praticate sulla base di «un approccio interdisciplinare, diagnostico e terapeutico, finalizzato alla scelta terapeutica più appropriata ed efficace in termini di qualità della vita, benessere e salute», come sta scritto nel progetto costitutivo del centro.

Quali malattie. Ci si può rivolgere alla struttura di Pitigliano per il trattamento di malattie reumatiche croniche, per gli esiti di traumi e di ictus, per la riabilitazione ortopedica e neurologica, per la cura della psoriasi e per le dermatiti allergiche, per l’asma e l’insufficienza respiratoria, per le patologie gastrointestinali, per contenere gli effetti collaterali della chemioterapia e della radioterapia in oncologia e nella terapia del dolore cronico e nelle cure palliative. La visita specialistica può essere prenotata direttamente dal cittadino, anche senza richiesta medica, attraverso il sistema di prenotazione Cup (Centro Unico di Prenotazione).

La legislazione. Una legge regionale (la n. 9 del 2007) garantisce il principio della libertà di scelta terapeutica del paziente e la libertà di cura del medico, e tutela l’esercizio delle medicine complementari. In particolare, la legge riconosce omeopatia, agopuntura e fitoterapia come parte integrante del Servizio sanitario regionale. In base alla legge, gli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri, dei veterinari e dei farmacisti istituiscono elenchi di professionisti che esercitano le medicine complementari e rilasciano una specifica certificazione sul possesso dei requisiti. La legge istituisce anche una commissione per la formazione nelle medicine complementari.

 

Fonte: Generazione Bio, 10-febbraio-2015

 

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